Introduzione ai lavori

RETE ITER, nel suo promuovere l’innovazione delle politiche giovanili come fattore di sviluppo del Paese, ha sempre cercato di cogliere i nodi critici e i vettori di trasformazione possibile. Lo abbiamo fatto già nel 2006-07 quando abbiamo lanciato la questione del lavoro, della casa e del credito e abbiamo dato avvio alla sperimentazione dei PLG (Piani Locali Giovani). Lo abbiamo fatto negli della crisi più profonda quando abbiamo intrapreso la strada dello sviluppo locale che mettesse al centro il ruolo delle giovani generazioni. Lo facciamo ora cogliendo nel tema del riuso, della rigenerazione, un nodo critico su cui cimentarsi nell’innovazione delle politiche giovanili.

La sfida è quella di partire da due “sprechi”: lo spreco degli spazi vuoti e lo spreco delle energie e risorsi presenti nelle nuove generazioni. Questi due “meno”, potrebbero diventare come in una moltiplicazione algebrica, un “più”. A condizione appunto non di essere sommati, ma appunti “moltiplicati”, innescati nel modo giusto, con le necessarie condizioni sociali, culturali, amministrative. I giovani - mai come oggi - possono essere considerati potenziali portatori di innovazione, saperi, competenze, creatività, utili assets per rinnovare i valori della tradizione. Questi giovani, "nuovi precari/inventori", sono gli attori di una nuova economia creativa/collaborativa.

Con il progetto La Grande Bellezza vogliamo contribuire, insieme a tanti altri attori, a innescare questa moltiplicazione. A partire da alcuni esperimenti locali, che si attivano dal basso, immaginiamo un percorso di confronto, di scambio, con diverse realtà già impegnate su questo fronte, che possa portare a diffondere pratiche e consolidare innovazioni. Per questo il progetto immagina di costruire un network che si interfacci con le istituzioni nazionali, con i grandi driver di spazi vuoti (Agenzia demanio, Ferrovie dello Stato, Anas, la CEI, gli enti locali). Tanti altri attori, alcuni qui oggi, hanno già avviato esperienze e iniziative e hanno già accumulato apprendimenti che oggi proveremo a socializzare.

Ma oltre al setting istituzionale, immaginiamo di attivare anche setting e dispositivi (una piattaforma) che accompagnino i processi di riuso e rigenerazione, che possano facilitare l’incontro tra la domanda di spazi e l’offerta di spazi disponibili pubblici e privati. Anche privati, perché il ragionamento degli spazi vuoti è interessante per tutti quegli spazi di proprietà privata oggi non utilizzati e fonte di spreco, di mancato investimento.

Il tema degli spazi vuoti deve essere oltre ad un tema generativo di cittadinanza, di capitale civico, di bene comune, anche un tema fortemente connesso alle questioni della competitività. Il riuso è in questo senso un processo che funziona se è contemporaneamente sia un riuso “sociale” che un riuso “economico”, ovvero capace di produrre valori e valore.

In questo ragionamento tra spazi vuoti da riusare e risorse giovanili, vogliamo evidenziare che sempre di più abbiamo bisogno di agire logiche di integrazione tra le politiche pubbliche. E le politiche giovanili sono il terreno fertile di questa integrazione. Perché altrimenti rischiamo di recuperare spazi, ristrutturarli, ma senza le persone, senza le relazioni che consentono a quello spazio di diventare luogo e a quell’insieme di spazi di diventare città, di diventare comunità. Abbiamo assistito e assistiamo ancora invece troppo spesso a investimenti per “ristrutturare spazi” (pubblici e privati) ma senza averne pensato prima la possibile rigenerazione, il possibile riuso da parte delle persone, la possibile funzione d’uso.

E’ necessario fare grandi pensatoi pubblici sugli spazi vuoti, renderli visibili, conosciuti, discussi, riconosciuti.

Va promosso un modo di “investire negli spazi” con una forte passione per il “fare bene”, con attenzione agli aspetti culturali e sociali del creare, del produrre, del riparare. Con l’attenzione a come quello spazio crea relazioni tra le persone. Tutti quei valori, insomma, che nacquero nel Rinascimento, vennero poi ripresi e coltivati nel secondo dopoguerra nella design industriale italiano e che ora possono ancora alimentare un nuovo rinascimento. Scommettendo sulla “bellezza”.

Cremona, 15 dicembre 2017

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